Ci sono giorni storti che poi diventano settimane e a volte mesi.
Il mio corpo ha deciso di vacillare dapprima con il problema al gluteo medio di cui vi parlo qui, poi con una brutta tosse che sto ancora combattendo a cui si sono aggiunte la gastroenterite e altri blocchi muscolari vari.
Nulla di grave, solo acciacchi che si susseguono e che segnalano un periodo di debolezza.
Sto concedendomi molto riposo, anche perché mi stanco facilmente e le poche volte che sono riuscita a correre ho corso “trotando”, che è la traduzione spagnola di fare jogging.
Mente e corpo si sa, viaggiano all’unisono e mentre lunedì ero a “trotare” per concedermi un po’ di sole, la rotazione casuale di Spotify fa partire questo pezzo:
precisamente in questa strofa
“Te l'ho già detto una volta, mi ricordavi il mare
Le luci di Natale, gli schiaffi sul sedere e lo spazzolino uguale
La Panda manuale, bruciare in una notte
Come una cattedrale”
e complice questa newsletter di
che avevo letto al mattino, mi ritrovo a piangere a dirotto mentre troto sull’Avenida Marítima, la strada ciclopedonale più trafficata di Las Palmas, con le gente che mi guarda e io che non ho nemmeno degli occhiali da sole a coprire la mia “nudità”.Ci sono stanze nella testa che lasciamo chiuse, ma sono porte senza chiave e quando il vento soffia forte può succedere che si riaprano.
Questa porta io l’avevo quasi dimenticata ed ero convinta di averla chiusa bene, ma invece il vento ha soffiato talmente forte che ha staccato la ruggine dalla serratura e con uno scricchiolio sinistro, quella porta ha lasciato intravedere lo spiraglio di una stanza piena di ricordi. Le foto che sono appese al muro sono scatti di momenti a volte felici, a volte cupi, alcune sono in bianco e nero e altre a colori. Sono ricordi di momenti che ho vissuto con enorme intensità e che mi fanno pensare a quanta strada ho fatto per arrivare fino a qui.
Rivedo le decisioni sbagliate, le perdite, le parole che era meglio non dire e quelle che non avrei voluto ricevere. Continuo a fare errori, a non trovare quello che cerco, ma sono sempre contenta di poter continuare a cercare.
Osservo il passato con lo stesso spirito con il quale in gara guardo la schermata del Garmin che riporta i chilometri che ho già percorso: mi serve per ricordare che a prescindere da quello che devo ancora fare, ho già battuto un bel po’ di strada e quella che resta da percorrere posso affrontarla con le stesse abilità che ho usato fino a qui.
Non si deve temere il futuro, perché lo si affronterà con le stesse armi con cui si è affrontato il passato e con cui si conduce il presente.
Quando piove così forte da rendere difficile anche vedere dove si mettono i piedi, non resta che affidarci alle nostre sensazioni e i ricordi servono anche a questo, a farci tornare alla mente quel momento in cui un raggio di sole è uscito a scaldarci, quando stavamo tremando di freddo.
“Abbiamo fatto tutti esperienza di una gioia improvvisa, sopraggiunta quando nulla al mondo ci aveva preannunciato la sua venuta; una gioia così elettrizzante, che se è nata dalla sofferenza, ricordiamo con tenerezza anche la sofferenza.”
Antoine de Saint-Exupéry
Vento, sabbia e stelle
Chi fa trail running conosce bene quella sensazione di voler mollare tutto, quando in cima alla montagna, dopo aver scalato metri e metri di dislivello, il freddo, la pioggia e a volte la neve, ti gelano mani, piedi e testa.
In quei momenti guardi il numero di emergenza scritto sul pettorale e se non fosse che la mani sono troppo gelate per lasciarti cercare il telefono, chiameresti per comunicare il tuo ritiro. La poca lucidità che ti resta, però, ti ricorda che dalla cima si scende solo continuando a camminare, che l’elicottero è solo per i casi gravi e che fermandoti o rallentando, ti congeleresti ancora di più. Allora non ti resta che continuare a correre, mentre le gambe urlano pietà per la discesa repentina e il terreno ostile, ma improvvisamente la temperatura inizia a farsi più gradevole, la testa comincia a funzionare meglio.
Ringrazi il cielo che fosse così freddo da non poterti fermare.
Ci siamo convinti che a farti arrivare al traguardo siano forza, determinazione e coraggio, ma spesso è proprio il senso di inadeguatezza, la paura di restare soli e l’angoscia di essere infondo alla classifica che ti fanno continuare a muovere il culo fino alla meta.
È proprio nella distanza fra noi e la perfezione che si misura la grandezza di quello che possiamo raggiungere, se solo ci concediamo di attraversare anche i momenti di difficoltà.

Cosa faccio quando non corro 📚🎵
Consigli di lettura e ascolto
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