Posso passare settimane intere senza vedere nessuno e non sentirmi sola.
La solitudine è il mio spazio sicuro dove non ho orari da rispettare, non devo stare al telefono per far coincidere gli impegni, nessuna aspettativa altrui. È la mia bolla ed è tutto molto comodo. Con il tempo, però, ho capito che questa comodità apparente, può diventare una trappola che costruisco da sola e senza che abbia il tempo di accorgermene, il piacere del silenzio viene rimpiazzato dal rumore dei pensieri e capita che mi ritrovi appesantita, oberata da una nuvola di riflessioni che mi schiaccia l’umore.
È un equilibrio sottile, quello tra il benessere della solitudine e il bisogno degli altri. E se c’è un posto dove questa verità si manifesta con forza, è nello sport di resistenza.
Siamo abituati a pensare agli sport di endurance come imprese individuali: io contro la distanza, io contro la fatica, io contro il mio limite. A guardare bene, però, i momenti in cui superiamo davvero noi stessi, sono spesso quelli in cui qualcuno è lì con noi.
Vivevo ancora in Italia e stavo facendo uno dei miei primi lunghi, ero sola e nel momento di massima crisi, incrociai uno sconosciuto in bicicletta che passando mi allungo la mano per darmi un 5 di incoraggiamento.
Non lo dimenticherò mai, fu un’iniezione di forza che mi ricaricò totalmente e mi permise di fare i chilometri che restavano, volando.
Anche lui stava spingendo al massimo su una salita durissima, ma è uscito dalla sua bolla di fatica e si è messo in contatto con me, aiutandomi a tirare fuori il meglio.
Lo sport è egoista, non c’è dubbio, ma non è mai un percorso solitario. Preparasi necessita di un tempo che viene spesso rubato alle relazioni, ma il paradosso è che sono proprio le persone attorno a noi, coloro a cui a volte non diamo la priorità, a darci la pienezza che serve per performare meglio.
Quando accanto a te c’è qualcuno che percepisci come “alleato” o “sicuro”, uno sguardo, una voce, un respiro che si sintonizza col tuo, succede una cosa magica: il tuo cervello riceve il messaggio che “va tutto bene”.
Non è un messaggio veicolato a parole, ma attraverso il sistema nervoso. Entra in gioco una cosa chiamata co-regolazione: il tuo corpo si rilassa, il battito rallenta, riesci a respirare meglio, i pensieri si calmano.
In poche parole, torni presente e quindi anche più forte.
Avere degli alleati – nella vita come nello sport – non è solo una questione di supporto emotivo, ma anche anche un modo per ottimizzare le prestazioni. Quando abbiamo scambi con gli altri o ci alleniamo con qualcuno, siamo più motivati, più costanti, spesso anche più leggeri. La fatica sembra diminuire e il senso di appartenenza ci da forza.
Questa riflessione me l’ha ispirata il racconto che ieri sera mi ha fatto la mia amica Olga, una ex compagna di squadra che vive in Italia. Questa domenica ha partecipato al Trail Alpe della Luna, una bellissima gara che si tiene nei pressi di Badia Tedalda in Toscana, con 52km e 3300m di dislivello positivo. Una gara dura.
Era ben allenata, pronta, carica. Purtroppo, il giorno prima della gara ha iniziato ad avere dei disturbi gastrici e dal 25° chilometro di gara ha iniziato a combattere con la nausea e i crampi addominali. Ogni passo diventava più difficile del precedente. Era sicura di ritirarsi, mi ha raccontato.
Proprio quando stava per comunicare il ritiro, un ragazzo in gara, si è accorto del suo momento di difficoltà. Non si conoscevano, ma ha iniziato a parlarle e a spronarla a proseguire. Le ha detto che potevano farcela insieme. E così hanno continuato a correre fianco a fianco.
Ci sono stati momenti in cui era lui a motivarla, a scandire il ritmo, a parlarle per distrarla dalla fatica. E altri in cui è stata lei a fare da traino, a spingerlo quando era lui ad accusare il colpo. Hanno condiviso chilometri di silenzi e parole, hanno condiviso la fatica e insieme hanno tagliato il traguardo.
Olga è arrivata 3° assoluta delle donne.
Il podio per lei è qualcosa di quasi scontato, ma questa volta, da sola, non avrebbe potuto farcela, mi ha detto.
Una delle verità che ho scoperto grazie allo sport e che non sempre dobbiamo essere forti da soli. Che a volte la vera forza sta nel lasciarsi aiutare e nel restituire quell’aiuto quando è il nostro turno di essere la spalla su cui appoggiarsi.
Siamo più forti quando ci lasciamo sostenere. Quando accettiamo che la vulnerabilità non è debolezza, ma una porta che apriamo agli altri. Quando capiamo che per quanto la strada possa essere lunga e difficile, diventa più leggera se la percorriamo insieme a qualcuno.
Dopo le settimane di clausura dovute all’infezione polmonare, anch’io sono tornata a rivedere volti di amici.
Non mi sembrava di star soffrendo la solitudine, ma l’energia che mi porto da questa ricarica di socialità, mi ha già dato un bel boost per iniziare bene questa settimana, mi sento più piena e più leggera allo stesso tempo.
Chi sono i tuoi alleati?
Chi è importante per te?
Come possono queste persone aiutarti a raggiungere i tuoi obiettivi?
Sono domande che propongo spesso agli atleti con cui lavoro.
Per costruire un piano d’azione efficace e sostenibile, è fondamentale sapere su chi possiamo contare lungo il percorso. Identificare chi ci sostiene, chi ci ispira, chi ci sprona nei momenti difficili, quali sono le risorse esterne che ci permettono di attingere alle nostre risorse interne.
Prima riconosciamo la forza che abbiamo dentro, poi allarghiamo lo sguardo per includere quegli alleati che possono davvero fare la differenza.
Ci siamo convinti che le migliori prestazioni, si ottengano con disciplina, abnegazione e rinunce, che spesso significa rinunciare a spendere il nostro tempo con gli altri, per dedicarlo all’allenamento.
Lo sport di resistenza richiede molte ore della nostra giornata e spesso è facile cadere nella trappola della solitudine autoimposta e capita che ci accorgiamo tardi di quanto siamo appesantiti dal rimuginio e impoveriti dall’assenza di scambi.
Ci facciamo fregare da quel surrogato di relazioni che sono i social e la messaggistica di Whatsapp, ma la presenza fisica degli altri, lo scambiarsi un abbraccio, ridere guardandosi negli occhi, hanno tutto un’altro potere.
Alla fine, la verità è che la presenza degli altri ci rende migliori. Non solo più forti, non solo più resistenti, proprio migliori. Ci obbliga a uscire da noi stessi, a guardarci attraverso occhi nuovi, a trovare dentro di noi risorse che da soli forse non avremmo mai attivato. Gli altri ci spronano e ci spingono a restituire il favore alla prossima salita.
Anche se ci sembra di bastarci, il silenzio ci piace e da soli stiamo bene, c’è una versione di noi – più coraggiosa, più generosa, più vera – che emerge solo quando smettiamo di correre da soli. Ed è lì, in quella versione condivisa, che troviamo davvero chi siamo e che diventiamo più capaci di resistere.
Cosa faccio quando non corro 📚🎵
Consigli di lettura e ascolto
L’ultima puntata di Any Surface Available, il podcsat di Francesco Puppi. In questo episodio parla dell’importanza del silenzio, parla della solitudine dell’atleta. Ci spiega perché non sia necessario mostrarsi sempre forti e ad ogni costo e che ci vuole coraggioso per fare un allenamento in meno quando il corpo lo richiede.
“L’idraulico”, la newsletter del 12 aprile di
. Proprio quel giorno avevo il bagno allagato, ma riesce sempre a strapparmi una risata.
Ciao Laura, grazie per la citazione. Anch'io, come te, potrei stare settimane senza vedere nessuno e senza sentirmi solo (nel mio caso però è essenziale la compagnia della mia gatta, devo ammettere), cosa che comunque non capita mai: spesso vado a cercare la compagnia degli amici, per esempio, proprio come una ricarica di socialità, per usare la tua espressione. Ed è vero che, a volte, la comodità che deriva dalla solitudine può diventare un po' una trappola. Trovare un equilibrio, allora, sembra davvero necessario. Molto interessante il tuo testo!
Grazie Laura per la citazione :-)