Ogni svantaggio ha un suo vantaggio
Come il menisco rotto mi ha portato a preparare il mio primo triathlon.
La corsa era già diventata la mia passione più grande: potermi svegliare e uscire a correre nelle mie colline in qualsiasi condizione climatica mi aveva guarita e continuava a farlo.
Poi un fastidio al ginocchio che a poco a poco diventa dolore fino a rendermi impossibile correre e anche pedalare.
Smarrimento, paura e poi rabbia quando capii che la cosa non si sarebbe risolta a stretto giro e la disperazione durò per diversi giorni nei quali correvo di medico in medico alla disperata ricerca di qualcuno che mi offrisse soluzioni che non arrivarono.
Gli obiettivi che sfumano, la paura di non poter tornare a correre e la voglia di farlo.
Cosa faccio adesso?
Non nego che per qualche giorno ho risposto a questa domanda crogiolandomi nella disperazione immobile, ma poi ho ripensato che c’era una cosa che la corsa mi aveva insegnato ed era quella di restare in movimento, di non fermarsi, di continuare ad andare avanti anche quando sembra di non farcela e fu così che staccai il mio primo abbonamento alla piscina.
Non so come vivano il nuoto quelli che lo fanno fin da piccoli, io trovo che restare ad osservare la riga nera sul fondo mentre ti sforzi per avanzare in assenza di ossigeno, nel silenzio ovattato dell’acqua, sia una delle sensazioni più difficili da sopportare. Quando guardo quelli bravi sembrano scorrere nell’acqua come se la usassero da nastro trasportare, per me invece è sempre una lotta e mi “aggrappo” all’acqua per avanzare come se fosse la parete di una montagna da scalare. Più che un nastro trasportatore per me è un muro da oltrepassare.
L’acqua non è assolutamente il mio elemento ed entrarci dentro è sempre una prova di forza, una lotta con me stessa, ma è proprio il suo valore di sfida ad appassionarmi e ogni volta che la mia testa ruota fuori dall’acqua per prendere ossigeno è come una rinascita.
Non ho più smesso di nuotare e anche in questo momento sento l’odore del cloro impregnato nella mia borsa da allenamento che è qui vicina a me (pronta per uscire ad allenarmi).
Un’altra volta, la corsa (questa volta il non poterla praticare), mi stava dando un’altra importante lezione: imparare a gestire le mie emozioni in modo funzionale, convertire la rabbia e la frustrazione in spinta all’azione attraverso una consapevolezza amplificata, la consapevolezza che proprio quello che non pensavamo potesse accadere oggi poteva diventare un’opportunità domani.
Chiunque prova rabbia e frustrazione di fronte ad un infortunio, ma possiamo scegliere di non affogarci dentro a queste emozioni ed usarle invece per costruire nuovi obiettivi, per scoprire nuove cose su se stessi.
Non è possibile cambiare quello che è già successo, ma si puoi cambiare quello che succederà
Ognuno di noi affronta momenti difficili nella vita, ma poi tutto dipende da quello che hai nel cuore. (Michael Phelps)
I migliori atleti, d’altronde, sono quelli che hanno la capacità di vedere un opportunità laddove tutti vedono un ostacolo: sono i ciclisti che sanno sfruttare il vento invece di percepirlo come un impedimento, sono i tennisti che usano la forza nel colpo dell'avversario per restituire la loro migliore risposta invece di subirne il peso, sono i corridori che quando incontrano il dolore lo abbracciano imparando ad estendere la loro zona di comfort.
Quello che sembrava un disastro annunciato, un arresto, una sconfitta, si è trasformato in un trampolino su cui spingermi per tuffarmi lontano e mi ha insegnato a non sforzarmi di controllare quello che è fuori dal mio controllo per concentrare le mie energie su quello che invece posso modificare. Ho imparato che non si deve mai perdere la voglia di imparare qualcosa di nuovo e che gli obiettivi sono stelle che ci illuminano il cammino, ma quando il cammino diventa impossibile la capacità di orientarci spostando lo sguardo è l’unica cosa che ci può salvare.
Potevo smettere di correre, un menisco rotto poteva suonare come una condanna e invece mi ha insegnato a lavorare sulla forza in palestra, mi ha obbligato a lavorare sui miei muscoli in maniera diversa sviluppando nuove potenzialità e mi ha fatto scoprire il nuoto aprendo la strada a quella che poi è diventato il mio più grande obiettivo sfidante: il triathlon.
(….ma questa sarà un’altra delle mie storie)
“In the end it’s about knowing what’s important to you, and what makes you thrive, that’s not just athletics, that’s life”
LA RESILIENZA NELLO SPORT
Si parla tanto e a sproposito di “resilienza”, ma in ambito sportivo questa capacità dovrebbe essere davvero la stella polare. Avere “grinta” (o essere resilienti) non c’entra niente con il “non mollare”, la resilienza è l’abilità di perseverare negli obiettivi a lungo termine, è disciplina e perseveranza.
Come tutte le abilità, anche la resilienza si può allenare.
Come si fa a diventare più resilienti?
Quando un amico è in difficoltà ci risulta molto facile essere comprensivi nei suoi confronti e dargli il nostro aiuto, ma quando si tratta di noi stessi tendiamo ad essere molto più autocritici e meno disposti ad offrire auto-aiuto.
La prima cosa per sviluppare la nostra forza mentale è proprio quella di essere meno autocritici, di sospendere il giudizio su noi stessi e su quello che ci sta accadendo per diventare semplici osservatori senza giudizio. Per fare questo è necessario lavorare su un’altra importante abilità che è quella di restare sul “qui ed ora” non lasciando la nostra mente libera di vagare verso un futuro non controllabile o un passato non modificabile.
C’è un fattore, però, che è in assoluto il più importante per farci diventare pronti ad affrontare le sfide più importanti ed è la consapevolezza di sé: tutti noi, ma per gli atleti acquista un'importanza particolare, dovremo essere in grado di identificare le nostre emozioni per poterci stare dentro e gestirle. Non è negando un'emozione o scacciandola che diventiamo più abili a gestire emozioni dirompenti e bloccanti come l’ansia, lo stress o la rabbia. Ed è proprio diventando più consapevoli che diventiamo più abili a mantenere la concentrazione e restare focalizzati.
La resilienza, che io preferisco chiamare “la grinta”, è a tutti gli effetti un’abilità cognitiva e come tutte le abilità può essere migliorata e incrementata con la pratica. Quali sono, quindi, le capacità da sviluppare per diventare più resilienti?
coltivare una buona autostima (ovvero il giudizio di valore che diamo di noi stessi) ci aiuta ad accettarsi senza giudicarci e a basarci sui nostri valori fondanti per perseguire i nostri obiettivi
percepire la nostra autoefficacia (ovvero la convinzione del “saper fare), ci aiuta a vedere gli ostacoli come sfide e ad usare gli errori o le battute d’arresto come lezioni da cui imparare.
sviluppare la consapevolezza emotiva per riconoscere le nostre emozioni e gestire meglio le fonti di stress.
essere ottimisti nel senso di avere la capacità di guardare al futuro con positività, restando fiduciosi verso il processo anche quando le cose non vanno come avevamo pianificato.
avere capacità analitica e di pianificazione che ci consenta di non cedere al panico dovuto all’incertezza, ma di tenere invece “la barra dritta” verso i nostri obiettivi.
nutrire il nostro umorismo (profondo sintomo di intelligenza) che funziona come salvagente in qualsiasi situazione difficile.
Un’atleta resiliente è colui che è in grado di trasformare le difficoltà in opportunità, perché consapevole e motivato nel raggiungere le sue mete importanti anche di fronte alle avversità, è colui che sa riprendersi dopo un duro colpo come un infortunio ed è in grado di trovare nuovi percorsi quando quelli vecchi non sono più percorribili.
Se mi hai letto fin qui spero di essere stata capace di darti qualche spunto per riflettere su te stesso e su come far emergere le tue migliori potenzialità.
Se vuoi sapere di più su chi sono e cosa faccio, qui ho provato a parlare di me.